Più piccolo di un chicco di riso, il nuovo pacemaker messo a punto dai ricercatori della Northwestern University (USA) può essere iniettato con una semplice siringa, attivato con la luce e si dissolve nell’organismo quando non serve più.
È stato progettato pensando ai neonati con difetti cardiaci congeniti, ma può adattarsi a cuori di tutte le dimensioni. Una tecnologia rivoluzionaria che promette di cambiare il futuro della cardiologia.

«Circa l’1% dei bambini nasce con difetti cardiaci», spiega il cardiologo Igor Efimov.

«Questi pazienti hanno spesso bisogno solo di un supporto temporaneo: in 7 giorni il cuore può autoripararsi. Con questo pacemaker possiamo fornire stimolazione cardiaca in modo non invasivo, delicato e senza interventi chirurgici successivi.»

I precedenti tentativi

Questa non è la prima incursione del team nel campo dei pacemaker riassorbibili. Già nel 2021, Efimov e colleghi avevano sviluppato un dispositivo flessibile e senza fili che si dissolveva nel corpo come i punti di sutura riassorbibili. Ma con un diametro di 2,4 cm, era ancora troppo grande per i neonati e richiedeva una tecnologia basata su NFC (near-field communication), simile a quella degli smartphone. Questo comportava l’uso di un’antenna ingombrante e difficile da miniaturizzare, rendendo il dispositivo inadatto per impianti veramente minimamente invasivi.

Luce al posto dei fili

Il salto di qualità è arrivato con un’intuizione semplice ma geniale: usare la luce al posto dei segnali radio.
Il nuovo pacemaker è lungo solo 3,5 mm e largo 1,8 mm, e funziona in abbinamento con un dispositivo indossabile morbido posizionato sul petto. Questo rileva eventuali anomalie nei battiti e invia impulsi di luce infrarossa, capaci di penetrare pelle, muscoli e gabbia toracica per raggiungere il cuore e correggerne il ritmo.

Come funziona: un circuito elettrico bioattivo

Non servono batterie tradizionali. Il sistema sfrutta una cella galvanica, cioè un circuito chimico in miniatura: due metalli diversi fungono da elettrodi e, a contatto con i fluidi corporei, generano una corrente elettrica sufficiente per stimolare il cuore. È energia su misura, che segue la logica del corpo stesso.

«Il cuore richiede poca stimolazione elettrica. Miniaturizzando il dispositivo, semplifichiamo l’impianto, riduciamo i traumi e i rischi, ed evitiamo interventi successivi grazie alla sua capacità di dissolversi», spiega John A. Rogers, leader del progetto e pioniere della bioelettronica.

Cosa ci aspetta

Il potenziale di questo dispositivo va ben oltre. Le sue dimensioni ridotte aprono alla possibilità di integrarlo in valvole cardiache o disporne più d’uno in vari punti del cuore, per una stimolazione più precisa e mirata. Diversificando i segnali luminosi, sarà possibile controllare più pacemaker in modo indipendente, migliorando il trattamento delle aritmie complesse.